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sabato 24 novembre 2012

Tasse & Recessione. E se tornassimo alla vecchia lira?


L’Italia di questo ultimo anno e mezzo  è come un pugile colpito in pieno volto. L’energia di ogni pugno viene moltiplicata per tre, fino a che il pugile cade e non si rialza più. Questa è la fotografia che emerge dagli studi dell’economista Francesco Giavazzi, pubblicata sul sito lavoce.info.
Secondo Giavazzi un inasprimento fiscale pari a un punto di PIL  (Prodotto Interno Lordo) ne riduce il livello, nell'arco temporale di tre anni, di 3 punti.
Tradotto significa che ogni euro di tasse in più crea una perdita economica, nel medio termine, pari a tre volte tanto.  Se un punto di PIL corrisponde a circa 16 miliardi di euro, ogni volta che le manovre finanziarie raggiungono questo livello (inasprendo la pressione fiscale) causano una contrazione per la nostra economia di 48 miliardi di euro, spalmata nell’arco di tre anni.

Dove sarebbe la “luce in fondo al tunnel” di cui parla Mario Monti? In Italia nell'ultimo anno e mezzo sono state varate nuove imposte, centrali e locali, per un ammontare di circa 4 punti di Pil (stima del vice-direttore della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, in una recente audizione parlamentare), che porterà una contrazione dell’economia intorno ai due punti e mezzo nei prossimi due anni. Da aggiungere al -3 per cento del 2012.
Le manovre di soli tagli e tasse stanno portando l’Italia e gran parte dell’Europa in piena recessione, e non si capisce cosa possa indurre all'ottimismo sulla crescita visto che politiche alternative, al momento, non se ne vedono.

La colpa però non è di Monti, dei mercati o delle banche (che fanno il loro sporco lavoro).
Il problema, evidenziato da noi e da tantissimi altri, è che i 17 Stati dell’Eurozona NON hanno moneta sovrana, in quanto l’Euro NON fa capo ad alcuno Stato. I paesi dell’Eurozona possono solo usare gli Euro, ma non creare come accade invece nei Paesi a moneta sovrana (USA col dollaro, Giappone con lo yen ecc.). Germania, Italia, Grecia per poter spendere devono cercarsi i soldi proprio come un normale cittadino alla prese con l'acquisto dell'auto o della casa. I governi hanno quindi solo due modi per trovare i quattrini: 1) tassando i cittadini, 2) chiedendo finanziamenti ai mercati privati di capitali, che detteranno i tassi di interesse mettendoci in competizione gli uni con gli altri.
A questo punto i nostri debiti nazionali sono veramente un problema, perché dobbiamo ripagarli ai privati da cui abbiamo preso in prestito gli euro. E’ evidente che non potendo più noi emettere moneta con  cui onorare quei debiti  veniamo considerati a rischio di insolvenza dai grandi mercati di capitali, che non hanno più fiducia in noi e ci declassano.

Uscire dall’Euro è un’idea folle? 
Non sembrerebbe, visto che il 21 novembre scorso il Washington Post ha pubblicato uno studio firmato da Bloomberg in cui si spiega come la lira sarebbe un toccasana per l'intera Unione europea per cercare di uscire dalla crisi del debito che sta generando un altissimo tasso di disoccupazione e alimentando la recessione economica. "L’euro non è sostenibile a questi livelli nel medio e lungo termine - ha spiegato Ulrich Leuchtmann, analista del settore valutario presso Commerzbank, a Bloomberg - l'Europa avrebbe bisogno di una moneta più simile a ciò che era stata la lira prima del 1999 piuttosto che al marco tedesco". Nell'analisi riportata dal Washington Post, infatti, l'agenzia america ricorda come nel settembre del 1992 il governo italiano svalutò la lira del 7% favorendo, in questo modo, le esportazioni e, quindi, l'economia nazionale.

I Paesi del Vecchio Continente continuano a perdere competitività, come un pugile suonato alle  corde. E’ evidente che il match con i mercati ha bisogno di nuove regole, possibilmente prima di cadere al tappeto e rischiare di non rialzarci più.

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